La storia non si cancella..

..si tramanda e soprattutto da essa si impara.

25 Aprile

La chiusa angoscia delle notti, il pianto delle mamme

annerite sulla neve accanto ai figli uccisi,

l’ululato del vento nelle tenebre, dei lupi assediati con la propria strage,

la speranza che dentro ci svegliava

oltre l’orrore le parole udite dalla bocca fermissima dei morti

<<liberate l’Italia, Curiel* vuole essere avvolto nella sua bandiera>>:

tutto quel giorno ruppe nella vita con la piena del sangue,

nell’azzurro il rosso palpitò come una gola.

E fummo vivi, insorti con il taglio ridente della bocca, pieni gli occhi

piena la mano nel suo pugno: il cuore d’improvviso ci apparve in mezzo al petto” (Alfonso Gatto)

* Eugenio Curiel fisico antifascista morì assassinato nel febbraio del 1945 all’età di 33 anni

Poesia tratta dalla raccolta antologica Il fiore della libertà a cura di Elena Clementelli e Walter Mauro

Per una storia in più

Ogni libro racconta una storia, ma ce ne sono degli altri più particolari che ne raccontano qualcuna in più.  L’una incastonata nell’altra come pietre preziose avvolte nelle linee decorative di un ciondolo, che le rendono più interessanti e uniche.

Ci sono appunto libri che riportano non solo le vicende dei protagonisti, ma delineano anche quelle dell’epoca e del paese in cui si svolgono. Una struttura narrativa a più piani, a più livelli che si intersecano e si intrecciano fra loro.

A questo genere di opere letterarie si possono affiancare però anche un altro tipo che non  lo sono “di nascita” ma lo diventano con il tempo: i libri  usati. Nella loro condizione che li ha resi di seconda mano, passando tra le mani diverse di chi li ha acquistati e letti, su aggiunge qualcosa in più; alla storia delle parole visibili sulle pagine stampate, si unisce quella della vita dell’oggetto scritto che viaggia fuori da esse. Il piano del racconto diventa dunque più ampio nel momento in cui raccoglie in sé anche un’altra storia, quella di chi ne è stato il proprietario.

L’autobiografia di Maria Denis, Il gioco della verità edito da Baldini&Castoldi, rappresenta esattamente il modello di questo tipo di produzioni letterarie a più dimensioni narrative, perché racconta la vita personale della donna e dell’attrice ma allo stesso tempo diventa testimonianza di un preciso momento storico dell’Italia, quello del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, offrendo soprattutto anche uno spaccato del mondo del cinema italiano nel pieno della sua ascesa e nel suo incontro-scontro con la dittatura fascista di quel periodo.

La vicenda che riporta del resto sembra la trama di un film, incentrata sul legame con il regista Luchino Visconti e sul ruolo effettivo che lei ebbe nella liberazione del regista arrestato dalla Banda Koch nell’aprile del 1944 per la sua opposizione al fascismo. Maria Denis scrive e pubblica nel 1995 queste memorie, incentrandole su questo evento e sugli anni anche successivi che l’avevano profondamente segnata non solo nella sua carriera di attrice ma soprattutto nella vita, e per questo spinta dall’esigenza primaria di riportare alle cronache quella verità che a lungo le era stata negata.

Questo è dunque il caso in cui alla parte personale si sovrappone quella della cronaca storica, ma quando una copia presenta anche la traccia di una dedica e firma del suo autore, il piano del racconto si arricchisce ulteriormente includendo in sé anche un’altra piccola storia in più, quella del suo proprietario.

Il libro ritratto nella foto che fa da cornice visiva a questo post, conserva una dedica dell’attrice-autrice e le sue parole tracciate con un inchiostro a penna sull’occhiello trasmettono qualcosa di altrettanto avvincente, rivelando a chi quel volume specifico è stato destinato e ne è venuto in possesso.

Per breve o lungo tempo quel libro è appartenuto al noto regista Francesco Rosi, e questa appunto è un’altra storia.

Cenere, appunti da una lettura

Si è tenuta ieri presso la libreria Feltrinelli a Roma davanti a una folta platea di partecipanti la prima presentazione al pubblico di Cenere, edito da Rizzoli con prefazione di Erri De Luca, del vignettista Mario Natangelo. Un’opera di narrativa illustrata in cui l’autore racconta tra parole e immagini la dolorosa esperienza della perdita di un genitore attraverso il suo peculiare linguaggio artistico sempre oscillante tra scrittura e disegno, tra pensiero umoristico e immagine visiva, tra realtà e creatività.

La storia narrata è dunque molto personale eppure allo stesso tempo di immediata identificazione anche al sentire altrui, proprio perché incentrata su un argomento universale quale il lutto, capace quindi di coinvolgere inevitabilmente il lettore sin dalle prime pagine proprio perché indirizzata a toccare le delicate corde più intime dell’animo umano, quelle legate al rapporto con la morte, alla sofferenza per la perdita di una persona cara e al tentativo di accettarla che si celano in ognuno di noi. Il racconto seppur inevitabilmente drammatico non risparmia tuttavia momenti di ilarità, concedendo frammenti di ironia che trovano il modo di sorridere e far sorridere anche nell’inquieto mare del dolore più profondo.

Come ha spiegato lo stesso Natangelo rispondendo alle domande dell’attore-regista Pif che moderava l’incontro pubblico di ieri, è un libro creato in modo del tutto imprevisto e quasi involontario, scaturito dalla mente con l’impellente esigenza di mettere in ordine il tumulto di  pensieri ed emozioni che in quel difficile periodo lo frastornavano. Postato a puntate sui suoi social ha preso forma spontaneamente in un breve arco di tempo, ha iniziato così il suo cammino letterario per poi diventare un’opera narrativa più definita e completa fino alla sua pubblicazione cartacea (di gran pregio l’edizione che ne ha fatto la Rizzoli), e dunque da condividere con un pubblico più vasto.

Cenere è un libro appena nato, uscito nelle librerie da poco più di una settimana, ma che promette un percorso di vita certamente longevo, proprio perché i lettori che ne sceglieranno la lettura non saranno solo quelli di oggi ma inevitabilmente se ne aggiungeranno nel tempo degli altri; ci saranno quelli di domani e di un domani sempre nuovo, proprio perché il lutto resta un tema intrinseco alla vita di ogni essere umano e dunque inevitabilmente inestinguibile. Un passaggio esistenziale che ogni persona ha dovuto o dovrà ad affrontare e che in queste pagine di immagini e pensieri, di lacrime e sorrisi, potrà trovare un conforto, un riferimento, un’opportunità di riflessione sulla capacità di reagire, sul modo di vivere la morte ma soprattutto di vivere la vita anche nelle sue prove più difficili.

Dalle ceneri del resto si rinasce e come dimostra questo libro qualcosa è già rinato.

L’umanità non ha confini

 “Siamo ebrei e palestinesi, siamo russi e ucraini. L’umanità non ha confini”

Recitava così un volantino diffuso oggi pomeriggio in occasione della manifestazione nazionale per la pace avventa contemporaneamente in molte città d’Italia. Si chiedeva il cessate fuoco immediato in Palestina e si difendeva l’inviolabile diritto a manifestare tale richiesta.

Nonostante la pioggia insistente e un vento dalle folate improvvise e vigorose, un lungo e affollato corteo ha invaso le strade della capitale. Tante associazioni diverse e tante persone comuni hanno sfilato insieme per mostrarsi nella loro tenace esistenza, e per far sentire la propria voce contro i massacri umani legittimati dalla guerra e contro i massicci finanziamenti militari che anche il nostro paese purtroppo riversa.

Nel finale tra tante parole di denuncia, rabbia e speranza pronunciate al microfono, qualche raggio di sole è riuscito a trovare comunque una via tra le nuvole per tornare a risplendere.  

“Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere immobili in silenzio significa sostenere il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo «civile», in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore. C’è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto.

Restiamo umani”

Vittorio Arrigoni

L’otto Marzo, M’arzo Lotto e Manifesto

Una giornata di protesta, di riflessione e di ribellione, che quest’anno in particolare porta con sé anche un pensiero rivolto alle donne palestinesi, ucraine e a tutte le donne di questo mondo che subiscono ancora gli orrori della guerra.

“Alla base del pacifismo c’è la necessità di disdire l’ordine bellico della militarizzazione.

(Donatella Di Cesare- filosofa e docente universitaria)

“Non ho un’immagine romantica della pace. La pace è un modo di gestire i conflitti attraverso la mediazione del ragionamento”

(Marta Lamas Encabo – antropologa e docente universitaria)

Elogio degli Occhiali

Molte persone è innegabile odiano gli occhiali, e di solito sono quelle che sin dall’infanzia sono state costrette a portarli per problemi alla vista e che da adulti nel rigetto di anni di fondi di bottiglia incastrati su montature pesanti e orripilanti, usano solo lenti a contatto.

Seppur oggi la situazione da questo punto di vista, è proprio il caso di dirlo, sia parecchio migliorata perché ci sono strutture molto più sottili e leggere e anche i modelli e i colori sono molto vari, c’è chi comunque non li sopporta anche perché per molti sono la testimonianza più concreta dell’età che avanza. La presbiopia prima o poi bussa alla porta e uno è costretto a portarsi dietro ovunque quegli occhiali tipici da lettura da sfoderare all’occorrenza, perché pure quando entra in un negozio deve poter leggere e decifrare le scritte lillipuziane e sapere cosa mai sta acquistando.

Gli occhiali alla fine sono comunque un oggetto che tutti possiedono perché sono utili, e  servono non solo per vedere meglio il mondo ma talvolta anche per proteggersi dal mondo. Gli occhiali da sole  infatti ci proteggono dai raggi UV, ma allo stesso tempo in certe occasioni ci danno l’illusione di riuscire persino a sviare gli sguardi indiscreti o di chi non vorremmo incrociare, quindi uno schermo con l’esterno dietro al quale poter nascondere i nostri occhi e quindi un po’ noi stessi.

Un importante ausilio dunque ma anche uno strumento antico che possiede una propria storia, tra nascita ed evoluzione, raccontata in un libro molto interessante intitolato appunto Elogio degli occhiali i cui autori Alberto Conforti e Mariarosa Schiaffino ne presentano anche i vantaggi e la bellezza nella duplice funzione di accessorio moda, rendendolo quindi più accattivante a chi di mettere gli occhiali non ne vuole sapere, proprio perché costantemente guidati nel loro scrivere dall’intento di rendere questo oggetto più piacevole e più gradito soprattutto a chi deve o dovrà farne un uso quotidiano per vivere meglio.

Per chi volesse approfondire Elogio degli occhiali di Alberto Conforti e Mariarosa Schiaffino

Gigi Riva l’Eterno Rombo di Tuono  

-“Ho detto un sacco di no in vita mia. Ma proprio tanti (…). No per esempio alle apparizioni in pubblico, no a qualsiasi genere di vita mondana, no alle esibizioni, no alle pubblicità. L’ho fatta in qualche rara occasione solo per il Cagliari, per l’abbonamento allo stadio, perché era stato il Cagliari a farmi diventare un uomo-simbolo e mi sembrava giusto sdebitarmi. Quanti premi non ho ritirato, a quante serate di gala ho detto <<No, grazie>>. Mettermi in vetrina, lasciarmi mettere in vetrina non è mai stato il mio genere”

-“Nelle nottate insonni, mi torna in mente ogni tanto quello che scrisse una volta il grande Brera (…). Era stato lui a soprannominarmi Rombo di tuono, come ancora oggi mi chiamano un po’ tutti, anche quelli che quei tempi non li hanno vissuti e sono ormai la maggioranza assoluta. Mi raccontò un giorno, in una sala d’imbarco  per una trasferta azzurra, che l’immagine gli era venuta a San Siro, Inter-Cagliari, noi con lo scudetto sulla maglia, vedendomi sempre più scatenato alla ricerca del gol. Come un rombo di tuono progressivo, mi aveva detto a tu per tu fra una tirata di pipa e l’altra, cui non può non seguire l’acquazzone, il temporale, lo sfogo e, insomma, la liberazione del pallone che finalmente finisce in rete”

Pensieri e parole di Gigi Riva tratti da una bellissima e intensa autobiografia, ricca di aneddoti del mondo del calcio, ma anche tanto di vita. “Mi chiamavano rombo di tuono” a cura di Gigi Garanzini – Rizzoli 2022

Carta (in)canta ancora e nonostante i click

Quando nel 2007 si affacciò sul mondo l’innovazione tecnologica del Kindle, che segnò la commercializzazione su grande scala dell’e-book, si discusse a lungo negli anni seguenti su quale trasformazione avrebbe comportato la fruizione letteraria attraverso i soli supporti elettronici.

All’epoca sembrava si fosse raggiunto un punto di svolta o di non ritorno, si pensava che i libri in formato cartaceo con il passare del tempo avrebbero finito quasi di esistere, completamente sostituiti da eterei formati digitali e rifilati dentro un gigantesco archivio informatico e non più ammassati a prendere polvere sugli scaffali di un mobile del salotto. Nessuno avrebbe più letto una riga se non attraverso un monitor. Ogni testo avrebbe potuto essere a portata di un semplice click ovunque e in ogni momento, nessuno avrebbe più compiuto l’immane fatica di girare una pagina.

Però almeno finora, tale completa sostituzione non è mai avvenuta.

L’immenso patrimonio culturale prodotto e raccolto in secoli di storia umana era troppo vasto e corposo per poter essere trasferito interamente nella dimensione digitale e internettiana. Inoltre continua a esistere una parte della popolazione che preferisce maneggiare un libro in tutto il suo spessore e avere la possibilità di possederlo in quanto oggetto visibile e tangibile e non in forma “ectoplasmatica”;  di aprirlo nella stessa pagina sulla quale si era interrotta la lettura senza doversi maledire per aver scordato di mettere in carica nulla o magari di impazzire con il touch screen per ritrovare la frase che si voleva annotare.

La lettura digitale è stata innegabilmente un’importante innovazione ed è tuttora un’enorme risorsa, ma seppur abbia determinato cambiamenti significativi anche sul mercato editoriale non ha comunque sancito la fine dell’era cartacea che prosegue il suo cammino e continua a esistere e resistere anche attraverso il settore dell’usato. In tempi di mutamenti climatici, di esigenza di riciclo e di risparmio energetico anzi il settore dell’usato letterario si è rafforzato, assumendo un ruolo rilevante anche in questo aspetto e non solo in quello del risparmio economico.

Il libro di Massimiliano Timpano e Pier Francesco Leofreddi  “Chiuso per Kindle”  raffigurato a cornice di questo post, esprime il punto di vista di chi si oppone a questa netta sostituzione e offre per questo un’utile testimonianza, soprattutto per le osservazioni che solleva e le riflessioni che suscita.

Scritto a quattro mani e avvalendosi di una lunga esperienza diretta nel campo della vendita e del contatto umano con il pubblico, gli autori cercano di proporre un discorso prima di tutto a favore della qualità culturale sia nella produzione letteraria che nella fruizione. Un racconto della propria esperienza quotidiana che supportano con l’ausilio di fonti e citazioni di noti scrittori, e con cui coinvolgono il lettore accompagnandolo in questo viaggio dentro il mondo delle librerie fisiche.

Nota distintiva del loro scrivere è un notevole senso dell’umorismo che permane per tutta la narrazione arricchendola, alleggerendola e permettendo a chi la legge di allietarsi anche nello scoprire l’esistenza delle varie tipologie del “cliente tipo”, e chissà magari anche di riconoscersi in qualcuna di esse.

Per chi volesse approfondire  “Chiuso per kindle. Diario di un libraio in trincea”

Letture sotto l’albero

Qualche idea di lettura per trovare atmosfere natalizie, attraverso generi letterari diversi, anche tra le pagine di un libro.

Per chi volesse curiosare o approfondire, basta un click..

Giallo Natale a cura di Nicoletta Grill

L’albero di Natale di Julie Salamon

La cena di Natale di Mary Kay Andrews

La vera storia di Babbo Natale di Arnaud D’Apremont

A casa per Natale di David Baldacci