Per una storia in più

Ogni libro racconta una storia, ma ce ne sono degli altri più particolari che ne raccontano qualcuna in più.  L’una incastonata nell’altra come pietre preziose avvolte nelle linee decorative di un ciondolo, che le rendono più interessanti e uniche.

Ci sono appunto libri che riportano non solo le vicende dei protagonisti, ma delineano anche quelle dell’epoca e del paese in cui si svolgono. Una struttura narrativa a più piani, a più livelli che si intersecano e si intrecciano fra loro.

A questo genere di opere letterarie si possono affiancare però anche un altro tipo che non  lo sono “di nascita” ma lo diventano con il tempo: i libri  usati. Nella loro condizione che li ha resi di seconda mano, passando tra le mani diverse di chi li ha acquistati e letti, su aggiunge qualcosa in più; alla storia delle parole visibili sulle pagine stampate, si unisce quella della vita dell’oggetto scritto che viaggia fuori da esse. Il piano del racconto diventa dunque più ampio nel momento in cui raccoglie in sé anche un’altra storia, quella di chi ne è stato il proprietario.

L’autobiografia di Maria Denis, Il gioco della verità edito da Baldini&Castoldi, rappresenta esattamente il modello di questo tipo di produzioni letterarie a più dimensioni narrative, perché racconta la vita personale della donna e dell’attrice ma allo stesso tempo diventa testimonianza di un preciso momento storico dell’Italia, quello del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, offrendo soprattutto anche uno spaccato del mondo del cinema italiano nel pieno della sua ascesa e nel suo incontro-scontro con la dittatura fascista di quel periodo.

La vicenda che riporta del resto sembra la trama di un film, incentrata sul legame con il regista Luchino Visconti e sul ruolo effettivo che lei ebbe nella liberazione del regista arrestato dalla Banda Koch nell’aprile del 1944 per la sua opposizione al fascismo. Maria Denis scrive e pubblica nel 1995 queste memorie, incentrandole su questo evento e sugli anni anche successivi che l’avevano profondamente segnata non solo nella sua carriera di attrice ma soprattutto nella vita, e per questo spinta dall’esigenza primaria di riportare alle cronache quella verità che a lungo le era stata negata.

Questo è dunque il caso in cui alla parte personale si sovrappone quella della cronaca storica, ma quando una copia presenta anche la traccia di una dedica e firma del suo autore, il piano del racconto si arricchisce ulteriormente includendo in sé anche un’altra piccola storia in più, quella del suo proprietario.

Il libro ritratto nella foto che fa da cornice visiva a questo post, conserva una dedica dell’attrice-autrice e le sue parole tracciate con un inchiostro a penna sull’occhiello trasmettono qualcosa di altrettanto avvincente, rivelando a chi quel volume specifico è stato destinato e ne è venuto in possesso.

Per breve o lungo tempo quel libro è appartenuto al noto regista Francesco Rosi, e questa appunto è un’altra storia.